Toscana, Siena, agosto 1957

Palio di Siena corsa 1957

Senti tamburi che si avvicinavano e da un angolo sbuca un corteo di persone in vesti medievali.

«Bianco e rosso, Giraffa!» dice tuo padre. Vi accostate alle pietre del muro per far passare la processione.

Camminate per vicoli e stradine, ed entrate in una grande chiesa lì vicino. È piena di gente, parlano a voce alta, si agitano; senti colpi secchi e mugolii indecifrabili; vai un po’ più avanti, ti fermai di botto: hai, di fronte a te, il culo di un cavallo. L’animale è inquieto. Un uomo lo tiene per la cavezza e cerca di calmarlo. La mano del prete si alza e sparge l’acqua benedetta con l’aspersorio pronunciando parole latine. Tutti si fanno il segno della croce.

Alla fine il prete dice: «Va’ e torna vincitore!». Un urlo riempie la chiesa, tutti sventolano fazzoletti con i colori della contrada, poi si fanno da parte, silenziosi, per far passare il cavallo; senti il respiro forte dell’animale. Anche voi uscite.

Tuo padre continua a spiegarti: il senso dei rintocchi della campana, il palio scosso, la mossa. Così siete scesi verso Piazza del Campo. Dall’alto vedi la pista:

«Ma c’è la terra!».

«È tufo, lo portano qui e lo bagnano. Poi asciugandosi si indurisce. Guarda lì, siamo nell’Onda».

Alzi gli occhi e vedi sventolare una bandiera bianca e azzurra con un delfino nel mezzo. In piazza è come essere nel mare. La piazza è viva, si muove, respira, parla, grida. Ti senti sparire, risucchiata da qualcosa che ti possiede, ti fa muovere, respirare. Cerchi tuo padre e ti aggrappi a lui.

Giungete al limite della barriera sulla pista. Da lì vedi la sfilata. Broccati, sete, sbandieratori, cavalli bardati da parata, scudi, lance, alabarde, tamburi, trombe. Un mantello rosso come il cuore delle melagrane. Paggi con calzamaglie, ogni gamba un colore diverso. Tutti hanno cappelli, di feltro, di lana, di pelliccia. Vedi la tensione, la fatica, l’attenzione.

C’è un gruppo con armature ed elmi più scuri, e con la celata abbassata. Tuo padre ti spiega: sono i cavalieri delle contrade morte. Orso, Leone, Vipera, Gallo, Spadaforte e Quercia.

Passa ancora un carro trainato da buoi e infine il premio, il drappo dipinto: il Palio.

Ora è tutto silenzio. L’attesa è lunga.

Una volta partiti i tre giri sono velocissimi. Tu non riesci a seguire niente: qualcuno cade alla curva stretta; qualche cavallo corre senza fantino. E poi: finita.

«Chi ha vinto?» guardi per terra il tufo con le impronte di cavallo, non le avevi mai viste.

Quando
Agosto
1957