In Armenia non c’è memoria di artisti: pittori, scultori, musicisti, scrittori o altro; nessuno può competere con la natura. È giugno, avete campi fioriti di ogni colore, colline verdi, frutteti con albicocchi, peri, meli, ciliegi, cotogni, oleastri, melagrani, torrenti tintinnanti, paesaggi sereni di montagne e nuvole leggere.
Sei qui per un matrimonio, lei armena, lui greco, giovani e belli. È previsto che i festeggiamenti durino tre giorni sulle sponde del lago Sevan, 1900 metri di altitudine. La leggenda vuole che sia stata una goccia d’acqua, mandata dal cielo, a spaccare il terreno formando il lago.
In cima a una lunga scalinata, scavata nella pietra, sorge il monastero di Sevanavank, dove si terrà la funzione. Il lago è grandissimo, azzurrissimo, increspato da lievi movimenti, come un tessuto leggero, una seta, che, scivolando sotto le dita, si sia adagiata in piccole onde. In lontananza, solo in un punto, l’acqua si apre in superficie: si avverte uno sciacquio, nel silenzio liquido. Un vento gentile spinge verso la riva un’imbarcazione carica di fiori: la sposa arriva dall’acqua. La barca è poco più di un guscio di noce, ma il velo di Anush, quando appare in questa mattina celeste di cielo e d’acqua, è un cirro capriccioso che si arriccia e si avviluppa su di lei, si dispiega in tutta la sua leggerezza, si apre in ali di farfalla.
La sposa è tutta bianca, il velo (tessuto grezzo, quasi una garza) ricade fino alle caviglie, trattenuto sul capo da una coroncina di fiordalisi. Dalla barca, la giovane balza a terra con grazia e si avvia su, verso il monastero; la seguono due bambini vestiti di bianco, ognuno con un cero in mano.
In fondo alla penombra della chiesa illuminata soltanto da fiammelle, davanti all’altare, c’è lo sposo che l’aspetta. Entra il sacerdote e i bambini fanno tre giri intorno a lui, portando le candele accese.
Non si sente un fiato.
Le colonne e le pareti sono adorne di fasci di fiordalisi. Dietro l’altare una voce incantevole comincia a intonare una melodia così accorata e insieme così serena, quasi insostenibile nella sua purezza. Nessun altro strumento che la voce, nessun altro suono nella chiesa. Il canto, sale verso l’alto simile a un filo sottile in volute e in spirali, senza perdere in dolcezza.
Per te è troppo. Sei vicina alla porta, puoi uscire facilmente.
Dall’alto respiri la calma azzurra del lago.