Messico, Playa del Carmen, 25 dicembre 1994

Playa del Carmen nel 1994 con furgone e Cane

È la prima volta che trascorri il Natale fuori casa. Qui non si addobbano abeti ma rami di piante secche avvolti in carta d'alluminio. Non c'è neve ma sabbia di spiagge desolate e sporche, che il mare dei Caraibi schiaffeggia come gli pare. Ti hanno detto che Playa del Carmen è per i messicani poveri, quelli che a colazione mangiano ancora due uova e una ciotola di mistura di peperoncini vivi.

Gli altri hanno scelto Acapulco; là girano i soldi. O Cancun, detta gringolandia. Tu invece hai preso un bus di linea insieme a quella signora che alle sette di mattina ha voluto condividere con te il suo pesce secco. Hai dormito sui sedili sdraiandoti alla meno peggio, scendendo dal Chiapas che era un po' più fresco e natalizio.

Ma sei qui, ora. In costume da bagno a barcamenarti tra racconti fiabeschi e una famiglia che piange sulle ceneri del ristorante aperto senza l'approvazione dei Don locali. Che cosa fanno i messicani a Natale?

A te ci pensa Cesar de La Rosa Sanchez, laureato in filosofia, fratello di non ricordi più quanti altri figli d'amore (sei o sette), che per tirare a campare suona il flauto di Pan in una banda di peruviani, sulla riviera dei Maya d'inverno e in Canada d'estate. Ti invita a cena. Ci saranno altri amici. In tutto ne arriveranno diciassette.

L'appartamento è spoglio di tutto tranne per due materassi messi a terra; ci dormono in cinque. La cena è pollo fritto servito in scatoloni per banane Chiquita (a colpo d'occhio cinque o sei polli) e patate in insalata, due sacchi di plastica colmi fino a metà. Mangi anche tu con le mani.

Un solo regalo per tutti quanti, si fa girare. Una gigantesca (tipo da venti centimetri di lunghezza) canna di marijuana. Chi ne volesse ancora se la deve fare su da solo: là, dietro la porta, c'è un sacco della spazzatura pieno di materia prima. Tu passi la mano. Non hai mai fumato e non ti pare il caso di iniziare lì. E Buon Natale.

Autore
Quando
Dicembre
1994