Avete camminato a lungo in mezzo a distese di soia, praterie infinite divise da strade di fango e da qualche palizzata qua e là. Avete passato un laghetto in cui si specchiava un salice piangente. Un raggio di sole ha attraversato l’atmosfera, sfiorando l’acqua, toccando terra e alzando granelli di polvere nell’aria.
Ora all’orizzonte c’è un viale che porta a una casa di pietra di cui si distinguono appena i contorni. Alcune palme, più basse, hanno il tronco fasciato di bianco. Attraversate un campo incolto; l’erba bagnata arriva alle ginocchia. La strada è lontana, la si riconosce dai pali della luce: croci alte e isolate.
Lentamente il verde abbagliante dei campi si copre di ombre, diventa sempre più scuro e profondo, e sembra mare. Mentre il sole cala all’orizzonte, il cielo si tinge prima di zaffiro e arancio, poi, improvvisamente, come contagiato dalle nuvole rosa, si fa viola e indaco. Strati di colore si alternano sopra di voi sovrapponendosi: un residuo di azzurro del giorno sfuma nell’arancio; l’arancio si confonde nel blu; il blu contrasta col rosa. La terra invece è oramai tutta buia. Si intravede distante la sagoma di un albero nudo. Ognuno cammina in una direzione diversa e si allontana dagli altri, come per cercare il proprio tramonto.
Intorno a te c’è silenzio e fresco. Mentre vedi le prime lucciole in fondo alla radura, ti arriva il guaito di un cane lontano che sembra più infelice di te. Come è bello questo pianeta, come è triste doverlo lasciare.
Lassù, tra le nuvole rosa, vola una coppia di anatre mute che vanno verso il lago del salice. L’aria adesso è umida e profuma di erba e di terra; insegui le ombre degli altri. Il cielo scolora nel buio. Appaiono le prime stelle. E sei sola.