India, Calcutta, luglio 2016

Donna al cronicario di Calcutta

Sei davanti all’enorme portone del Kalighat, il cronicario. Entri, e subito da un pertugio semibuio esce un uomo in camicia azzurra, un telo avvolto sul bacino, i piedi scalzi. Con un gesto della mano, senza parlare, ti manda verso l’interno della casa.

Ti accoglie una delle sorelle di Madre Teresa, il sorriso bianco come la tunica, il velo bordato di blu. Indica un grembiule che devi indossare. Una luce molto forte illumina la stanza delle malate; senti odore di disinfettante. A Calcutta si passa dall’odore del cibo e delle spezie a quello della muffa, dei rifiuti e delle carogne che si consumano ai bordi delle strade. Ma in questa stanza tutto è pulito e profumato; sul soffitto, sopra la tua testa, ruotano le grandi pale di un ventilatore, mescolando l’aria densa di umidità.

La sorella ti indica sorridendo un letto in fondo alla stanza, pronuncia il nome della persona che stai per incontrare, e non dice altro. Ti porge una ciotola di semolino scondito e con lo sguardo e il gesto di imboccare ti invita a raggiungere la donna che giace sul letto.

Arrivata di fronte a lei, ciò che ti impressiona di più è la magrezza. Il suo sguardo bianco e la bocca sdentata sono niente in confronto a questo scheletro che sembra solo chiedere di morire. Entrambe le braccia sono color cuoio, con la pelle rugosa e cascante, e sono tatuate di blu, mani comprese. Il colore dell’inchiostro è sbiadito, i disegni non sono definiti. Resti con lei e provi a imboccarla. Inghiotte il semolino pallido, poco alla volta, con grande lentezza; ti guarda negli occhi ed è lo sguardo di tua mamma nei suoi ultimi giorni.

La signora ha finito il pasto, le pulisci la bocca e mentre ti giri per buttare la carta senti che ti afferra la mano, la stringe forte. Vi guardate negli occhi ancora a lungo. Restate così, mute, con le mani strette.

Quando
Luglio
2016