È la stagione dell’hanami e arrivate a Hiroshima da Kyoto; appena scesa da uno di quei supertreni futuristici, senti la brezza del mare sulle palpebre e quell’odore di sottofondo, comune a tutte le stazioni. Dovete trovare il molo per Miyajima, l’isola sacra; resti immobile: stai inspirando la luce degli dei, quella che ogni fotografo vuole conoscere di persona almeno una volta nella vita. I tuoi compagni di viaggio, piegati dal peso delle attrezzature, si guardano attorno senza decidersi a proseguire.
Finalmente vi imbarcate, in silenzio. L’orizzonte è netto, tra il verde cristallino del mare e un cielo come seta con fili d’oro, peonie bianche e striature rosa. Poi il grande torii rosso, quattro pilastri in legno di canfora, via per il tempio di Itsukushima.
Una volta approdati, imbracciando ognuno la sua macchina fotografica, concordate di ritrovarvi al molo dopo il tramonto per una cena tipica a base di ostriche dell’isola.
Ti incammini verso il tempio consacrato alla dea del mare, dall’imbarcadero dista non più di quindici minuti a piedi; devi sfruttare la bassa marea perché il percorso è simile alla via che conduce a Mont St. Michel. Nella primavera, nel verde profondo, ti sembra di sentire un poema antico, una melodia dolce e melanconica che narra di dei e di amori, di imperatori e di cortigiane bellissime, di vita e di morti gloriose in battaglia, di preghiera, onore, coraggio e cerimonie del tè.
Gli alberi di pruno selvatico in fiore disperdono i petali nel vento; i cervi liberi ti vengono incontro, tanto che ti sembra vengano a domandarti il perché del tuo pellegrinaggio; una nuvola rosa fluttua come portata da vibrazioni musicali impercettibili: inizi a scattare. Tutto appare come scolpito e sembra possedere una consistenza e una profondità irreale. Non sai se piangere o se ridere; tutto è illuminato alla perfezione.
Rimani ferma, immobile, come sospesa fuori dal tempo e ti rendi conto che il rosa del cielo di Miyajima riflette il rosa dei fiori di ciliegio.
Ti riprendi, sei in ritardo. Sbatti bene le palpebre, fai qualche boccaccia per recuperare il tuo aspetto consueto e ti avvii sentendo sotto di te la terra che ti sostiene.
Percorri la via al Tempio. Al monaco che ti viene incontro all’entrata, consegni le tue credenziali.
Mentre attendi all’ombra del porticato osservi ancora il mare e quella luce, ti sistemi i capelli, il vestito e la giacca. D’un tratto ti senti osservata e ti volti.