Brasile, Feira De Santana, febbraio 2006

Mappa del mondo con bussola

A febbraio l'afa sfoca tutto e la terra rossa si fa argilla. In tutto lo stato di Bahia si alzano canti cristiani e pagani per la pioggia. Tu ti muovi lentamente e vuoi tornare a casa.

Nella scuola della comunità i bambini urlano in portoghese e italiano, i carrelli portano queijo coalho e succo di maracujà. Tu metti i guanti bianchi e aspetti in infermeria con succo di ananas e latte condensato contro il caldo. Arrivano tenendosi per le manine: bambini lerci con capelli appiccicosi, pieni di pustole, graffi e sbucciature. Ti parlano e tu rispondi in italiano.

Thiago avrà cinque anni, rachitico, la pancia gonfia, le gambe storte, i riccioli duri e gli occhi di scarafaggio. Viene tutte le mattine.

«Tia Elisa, ajude-me, dòi-me».

«Cosa ti fa male?».

Lui si tocca la pancia, la gamba, il naso, tira fuori la lingua e se la gratta con le dita sudicie. Una mattina lo trovi che si toglie una crosta dal ginocchio. Gli dici che deve fare il bravo e andare in classe con tutti gli altri. Thiago prende a gocciolare moccio e lacrimoni. Quel giorno tieni in tasca una guanàbana mezza masticata che ti ha dato lui.

Il pomeriggio la scuola è chiusa. Passeggi lungo i confini della comunità, accanto al muro col filo spinato elettrificato. Mastichi il pranzo: riso, fagioli ripieni di vermi, e farofa. E dolci compatti di farina di manioca. Sulle spalle ti carichi Maria, la figlioletta di una coppia italo-brasiliana della comunità. Le racconti fiabe passando tra palme nane, alberi di carambola e cajù, fino all'orto in cui le albicocche non riescono a crescere. Lei si addormenta e la cali piano dalle spalle, la guardi: la pelle sudata, i piedi calzati, le unghie pulite. E pensi a Thiago.

Thiago abita nella favela di Feira, in una casa in bilico sulla fogna a cielo aperto. Una baracca di legno e cemento grumoso, con il tetto in lamiera appoggiato. Dentro polvere di mattone, materassi gialli di muffa, mobili zoppi. Un tavolaccio con stoviglie sbeccate, pezzi di platano e un sacchetto di colla. I fratellini vociano aggrappandosi a una ragazzina, la madre. Tu, con gli occhiali che ti calano sul naso umido, senza orologi né braccialetti, le spalle piegate dallo zaino pieno di pane e frutta, sei silenziosa come Thiago. Uscite, mano nella mano, col cielo che si carica di nuvole nere. Dei bambini si lanciano un pallone di cuoio scollato.

«Vai Thiago, vai a giocare».

Ti lascia la mano e corre, cade, si rialza.

Arriva aprile; alle sei è buio e la sera piove; metti il golf di lana; falene giganti roteano sotto il portico. Una sera vedi uno scarafaggio alato che ingoia una piccola rana.

Quando
Febbraio
2006