Il tuo amico viene spesso ad Atene e conosce tutti i ristoranti; questo Orpheus deve essere uno dei suoi preferiti. Scendete nella hall e chiedi un taxi al concierge.
«Che fai? Molla! È qui vicino» dice.
Vi incamminate e dopo qualche isolato passate davanti a un sexy-shop dove un uomo con la faccia spenta guarda la tv, due ragazzi col bavero alzato studiano i dvd dal vetro e un barbone dalla faccia annerita dorme accasciato contro la saracinesca.
«Ma siamo sempre a Omonia?» chiedi.
«Siamo quasi arrivati» dice studiando i numeri di marmo delle case, sbrecciati o assenti. Controlla la mappa sul cellulare, e prosegue.
Cominci a preoccuparti. Superate un paio di puttane e un corpo riverso sul marciapiede abbracciato a un mucchio di pelo. Cento metri dopo lampeggia gialla l'insegna dell’Orpheus. Ti ci fermi davanti, non è per niente rassicurante.
«È questo!» dice lui premendo il campanello.
«Qui non si mangia» rispondi storcendo la bocca.
Il track elettrico della serratura ronza fra di voi.
«Entra e zitto» dice.
Il corridoio è illuminato da un paio di applique a forma di capitello e in fondo, alla fine della moquette, vi trovate davanti a un’altra porta, anonima, di vetro sabbiato.
Una vecchia vi apre e una zaffata di sudore vi avvolge come una coperta lurida.
Pareti annerite dalle sigarette, una finestra lunga tappata con un cartone di Retzina, e una scrivania imponente. È mezza scrivania, in effetti, l’angolo curvo della reception di una qualche nave passeggeri (rimane il logo della compagnia in lettere dorate). Un tizio, occhi semi chiusi e kombolos in mano, sorseggia ouzo da un bicchiere da taverna. Dal corridoio male illuminato alle sue spalle vi arrivano gemiti e tonfi.
L’uomo alza gli occhi, vi squadra e decide che tu non sei sicuro; allora alza tre dita verso il tuo amico e indica alle sue spalle. Il tuo amico lascia trenta euro sul banco e si avvia nel corridoio. Il tizio, fissandoti con disprezzo, dà una manata alla campanella da hotel che tiene sul banco.
Un'ora dopo siete fuori. Nel frattempo hai rifiutato un paio di ouzo, hai perso cinque euro a tavli, hai discusso di borsa col magnaccia e del governo greco (di cui non sai nulla) con la vecchia.