
Dopo un paio d’ore il motore comincia a perdere colpi.
«Cosa c’è?» domanda tua madre.
Tuo padre non risponde.
Non riuscite a raggiungere la piazzola di sosta; volete scendere, ma tuo padre ve lo impedisce. Spinge da solo per qualche centinaio di metri, la mano sul montante del parabrezza, lo sportello socchiuso. Le macchine sembrano sfiorarlo.
Lo sentite sbuffare mentre allunga il braccio sotto il volante in cerca della leva. Un odore acre invade l’abitacolo.
«Non mi pare roba da poco» annuncia dopo aver controllato il livello di acqua e olio.
«E adesso?» tua madre ha retto anche troppo.
«Provo a fermare qualcuno» dice lui, e si mette subito in mezzo alla strada a sbracciarsi.
Un signore accosta. Lo vedete abbassare il finestrino, mentre tuo padre gli si rivolge con aria pacata.
«Mi accompagna da un meccanico a Torre del Greco» vi avvisa.
«Mi lasci sola con i bambini?».
«Torno più presto possibile. Speriamo che qualche santo ci aiuti».
Tiri fuori un libro, ma riesci a leggere poche righe. Nella gabbia sul sedile accanto a te il canarino saltella da un’asticella all’altra. La femmina non si muove dal nido; non sapete quante uova stia covando.
Alla fine vi raggiungono. Due ragazzi escono dall’auto con tuo padre, uno ha una cassa di attrezzi. Sentenziano che il motore è fuso e per quella sera non se ne parla di farlo ripartire. Spostano le valige e la gabbia dei canarini nel loro bagagliaio. Tentate una protesta, ma dietro siete già in quattro e non c'è niente da fare. Finalmente ripartite.
Tua madre ti stringe la mano, mentre tuo padre dà indicazioni al meccanico che guida. I viadotti della Basentana si alternano alle gallerie. I fianchi brulli delle Piccole Dolomiti Lucane rasentano il guardrail mentre i piloni sotto di voi sembrano finire nel centro della Terra. Il ragazzo accanto a te comincia a sfregarsi le braccia scoperte.
«Potenzina, Potenzina. Siamo alti, eh?» esclama accennando un sorriso.
«Il capoluogo più alto d’Italia» ci tiene a precisare tuo padre.
Il ragazzo sta cominciando a tremare. Tua madre ti sfila la sciarpa dal collo e gliela porge.
«No, signora. Lasci stare».
«La prenda. Noi siamo abituati», dice lei e gli sorride.
Arrivate a ora di cena. Tua madre li invita a fermarsi, ma dicono che poi farebbero troppo tardi. Accettano un paio di maglioni in prestito e si rimettono in viaggio.